
Frecciarossa
Non devo fare molta strada da Casteggio per raggiungere l’azienda Frecciarossa, sita sulla prima collina del massiccio oltrepadano, da sempre meta per eventi esclusivi per persone del luogo e turisti. L’azienda produce vini del territorio da un secolo, tra le primissime ad imbottigliare e commerciare in una nuova ottica, tanto che negli ultimi anni il valore di questa azienda è stato riconosciuto in molti paesi all’estero, e per questo sempre più presente nelle guide e concorsi di casa e oltre confine.
La tenuta Frecciarossa fu acquistata dopo la prima guerra mondiale da Mario Odero che, come altri genovesi si innamorò delle campagne oltrepadane e vi si trasferì; egli è il fondatore dell’azienda ed il primo ad imprimere la sua filosofia. Con le sue conoscenze commerciali fece approdare i suoi vini in molti stati e regni di quei tempi, portando riconoscimenti all’attività ed assicurandone il successo. Ma Mario Odero aveva comunque dei limiti nelle conoscenze agricole di quei tempi e fu il destino famigliare ad entrare in scena. Suo figlio Giorgio, classe 1901, una volta completati gli studi agrari divenne il motore dell’azienda Frecciarossa e, anche grazie ai suoi studi e viaggi in Francia, assicurò il decollo dell’azienda famigliare. Negli anni, assieme al padre, lavorò per migliorare la qualità dei prodotti e del marchio, sempre pronti alle richieste del mercato crescente, il quale non si fece attendere e permise all’azienda di crescere passo passo.
Ad oggi La proprietà si estende su 31 ettari di cui 21 vitati con varietà autoctone ed internazionali che, su questi terreni, hanno raggiunto grandi espressioni. Tra Croatina, Barbera, Uva rara, troviamo soprattutto Pinot nero e Riesling renano. Questi ultimi si sono adattati benissimo al clima locale e Frecciarossa li ha resi simbolo aziendale grazie alla versatilità di vinificazione e al territorio che permette di giocare tra differenti suoli ed esposizione su ripide colline.
È Valeria Radici ad accompagnarmi nella visita, pronipote del fondatore e figlia di Margherita Radici Odero, è la nuova generazione che ora porta avanti il lavoro del nonno, con grande intraprendenza e rispetto per le vigne. Da qualche anno ha già iniziato la conversione in biologico dell’azienda e mi racconta entusiasta e con viva sensibilità ambientale come questo abbia giovato alle sue vigne e di come le stesse stiano ripagando gli sforzi fatti, persino in annate difficili come quella del 2014, ricca di pioggia e povera di sole. Valeria ha imposto l’abbandono di certe pratiche, come i diserbi e l’uso dei mezzi in vigna, a favore di metodi più naturali come il sovescio e l’uso di prodotti di origine più genuina, come a me piace definirli .Per intenderci, le mucche nella stalla proprio sotto ai miei piedi, sono le fornitrici annuali e non stop del letame che serve come base per il preparato per concimare. E sono anche belle da vedere tra tutto quel verde. Continuando a camminare tutto attorno alla tenuta è possibile vedere molti dei vigneti della proprietà e dei vicini vitivinicoltori con le loro disuguaglianze, un gioco cromatico dato dalla differenza di agricoltura adottata: lingue di terra gialla arida e verde splendente che zizzagando scendono dalle colline, disegnandole.
Proseguiamo la visita attraverso la Villa padronale con i suoi due ettari di parco e la cantina, fino ad arrivare alla sala degustazione creata ad hoc per eventi di ogni tipo e per un gran numero di assaggiatori. Valeria e l’enologo Cristiano Garella, new entry aziendale, mi presentano i loro vini.

Due i metodo classico da base Pinot nero, il primo in purezza ed un affinamento sui lieviti di 24 mesi, più semplice e composto; il secondo in taglio con Chardonnay 10% e Riesling R. 10%, vino più morbido e definito, con un affinamento più lungo. Con quei suoi profumi di fiori, pera e miele è di sicuro quello che preferisco tra i due, schietto ed elegante, proprio di mio gusto.
Il Sillery è un Pinot nero vinificato bianco e fermo, di lunga tradizione per l’azienda e che trova grande successo nel mercato americano. Vino che non vi nascondo, mi ha dato qualche difficoltà. L’annata 2015 è in bottiglia da poco e mentre al naso si presenta come un bianco con note di banana e mandorla dolce, al palato arriva pieno e grasso come un rosso, con una sensazione tannica data dal recente imbottigliamento e con una lieve aggiunta di solforosa non ancora incorporata. Il 2014 invece è più fine e presenta profumi floreali con un’acidità più spiccata rispetto all’altra annata. Entrambe le annate colpiscono anche per il colore, trasparente con una appena accennata sfumatura paglierina.
Con il Riesling renano la degustazione si fa più interessante e ne confrontiamo diverse annate cominciando dalla giovane 2014 non ancora in commercio.
2014: Fresco e floreale con un bel profumo di salvia, acidità viva e poca intensità di gusto al palato.
2013: Leggera sfumatura minerale di idrocarburo, con profumi di dattero passito, mandorla e sfumature floreali. Al palato si presenta bene, è persistente e diretto e, come al naso, presenta anche qui un bel gusto di dattero passito.
2012: In questa annata la nota di idrocarburo è più presente delle altre ed anche il profumo di frutta è più intenso, mi ricorda molto l’albicocca matura e l’ alchechengi (cosa… non lo conoscete? Lo conoscete tutti, solo che nessuno ne ricorda il nome). Al palato è sempre pulito e netto, con una buona sapidità e lunga persistenza. Molto buono.
2008: Questo è quello che ho apprezzato meno perché non ha la stessa intensità e ricchezza dei fratelli. Sottile al naso con sfumature di mela matura e zafferano, mostra già una certa sapidità. In bocca è veloce, sempre ben bilanciato, ma non con la stessa struttura degli altri.
2007: La frutta sembra essere sparita e le note vegetali sono più tenui e fini, mi sembra di annusare la pianta dell’incenso (che saggiamente ho piantato in giardino). Anche qui si trova la nota di idrocarburo. In bocca ha una bella acidità, lunga e fine che sostiene una piacevole beva.
La palla poi torna al Pinot nero nella versione giovane e riserva. Il “Carillo” 2014 mi ha sorpreso, di solito preferisco il Pinot quando affina e invecchia, ma questo vino è piacevole e senza grandi pretese, lo apprezzo per la sua semplicità. Perfetto come rosso per l’estate, ha bei profumi di frutti di bosco ed una particolare sfumatura di affumicato. La riserva mostra poi un altro livello, il famoso “Giorgio Odero”, Pinot nero in purezza, frutto di una selezione dei grappoli nelle diverse parcelle e di un successivo affinamento in tonneaux e barrique di circa 16/20 mesi a secondo dell’annata. L’annata 2011 è un vino che merita attenzione. Il colore è rosso rubino chiaro e comincia a presentare un’unghia arancio. Nel tempo mostra diversi profumi, tra cui subito la cera d’api ed un sottobosco umido, poi verge sulla carne cruda e sulla frutta rossa come il lampone e la fragola. Non c’è presenza di legno, segno che si è già bene amalgamato all’interno del suo bouquè. I tannini sono morbidi e l’equilibrio è in favore di una lunga e fine acidità, vino strutturato ed elegante che nemmeno dimostra 14 gradi di alcol. Da bere subito o lasciare invecchiare. Nella mia saggezza ne ho prese due bottiglie da portare a casa, la voglia di berlo potrebbe arrivare in qualsiasi momento.
Poi un’altra sorpresa, l’Uva Rara, spesso utilizzata in taglio minore rispetto ad altre varietà per la composizione di rossi importanti, qui la trovo in purezza con l’annata 2013, un ottimo esame per questo vitigno. Un naso intenso che mostra prima le spezie e poi la frutta, tra profumi di pepe nero, paprika, con sfumature floreali di rosa e viole. In bocca ha impatto, è tannico ed avvolgente, e da oltrepadano DOC ne riconosco subito il valore del potenziale abbinamento sui salumi tipici della zona, salame, coppa e pancetta, tutto senza un domani. Vino rustico si, ma con fascino. Ha affascinato me almeno.
Arriviamo infine ad un’altra riserva, la Croatina 2010 che passa molto tempo in legno, forse troppo, e che quindi dona un certo carattere a questo vitigno sottovalutato da molti. Dico che resta troppo in botte perché il profumo di legno è intenso ed inizialmente copre il resto, e state pur tranquilli che non se ne va, ma il tempo d’attesa passato in bicchiere ne fa uscire profumi di ciliegia sotto spirito e pepe bianco. I duri tannini della Croatina si solo levigati ed il vino ha acquistato una veste equilibrata e di sicuro impatto al palato. Caldo con i suoi 14 gradi alcolici è un buon accompagnamento per la serata, ed un amico capace di alzare la vivacità delle discussioni.
Concludo così una degustazione straordinaria.
Come già detto all’inizio, conoscevo bene la qualità dei prodotti della tenuta Frecciarossa, ora che però ho conosciuto anche la realtà aziendale e le persone che la compongono, una famiglia rispettosa dei valori della terra e dipendenti appassionati legati a questa filosofia, posso solo pensarne meglio.

